Aspettando la ripresa, lavoriamo sul valore
Da molti anni ormai aspettiamo la ripresa; annunciata e sperata, poi rinviata; sempre con revisione al ribasso. Lo 0,1% del PIL è diventato la misura dell’illusione. Ma ormai dovremo tutti essere convinti che la ripresa non ci sarà; la crisi, strutturale e non congiunturale, ci consegna un mondo economico e sociale, almeno dalle nostre parti, che non sarà più come prima.
Sono finiti i “bei tempi del benessere”; occorre rassegnarsi o – meglio – capire come adeguarsi. Buffa la pretesa di una “crescita dei consumi interni”. Nascono meno bambini; ad esempio il numero delle donne che terminano il loro periodo riproduttivo senza aver avuto figli cresce dal 10%, per le donne nate nel 1955, al 20% per quelle nate nel 1965. Cresce la povertà. Sempre più persone e famiglie faticano ad arrivare a fine mese.
Oggi 4,6 milioni di italiani sono nell’indigenza assoluta (pari all’8% della popolazione). Nel 2005 la percentuale di indigenti era pari a meno della metà di questo valore. I nuovi imperativi sono combattere gli sprechi, spingere sul ri-uso, il riciclo, la “shared e la gig economy”.
Difficile, in questo quadro, immaginare la crescita dei consumi. Riduttivo ragionare solo sui fattori “esogeni” per spiegare l’economia: il prezzo del petrolio, le decisioni di Draghi, l’andamento del dollaro, adesso abbiamo anche Trump ed il trumpismo; il nostro destino sembra dipendere dallo scenario esterno.
Eppure l’Italia ha altre criticità, ormai consolidate che, a rigor di logica, impattano sulla nostra salute economica e sociale:
• la produttività, pubblica e privata, non cresce da venti anni
• la meritocrazia del “sistema” è bassa; spesso non emergono i migliori ma i più fedeli
• la burocrazia è, molto spesso, un freno all’economia
• la corruzione dilaga: siamo al 63° posto nel ranking internazionale. La corruzione impatta su chi ruba, ma anche e soprattutto, penalizza efficienza e meritocrazia
• l’evasione fiscale è sempre viva
• la giustizia non è tale, quando si allungano i tempi dei processi e non si garantisce la certezza delle norme e delle pene, ed il rispetto delle regole
• la scuola produce ciò che non serve; i laureati in giurisprudenza alimentano la rissosità legale; servirebbero di più esperti di agricoltura e di turismo;
• la rissosità, la conflittualità, la frammentazione della politica non fanno bene allo sviluppo, anche culturale, del Paese
• la criminalità organizzata è una piovra inafferrabile
Tutti questi fattori “endogeni” hanno una dimensione ed un impatto concreto sulla nostra salute economica e sociale? Nel tempo pesano sull’andamento del PIL?
Sarebbe veramente determinante, per gli economisti, per i politici, per tutti noi, capire perché ed in che cosa il nostro mondo non sarà più come prima; capire come ed in che cosa il modello di economia, di competitività, anche di business siano totalmente cambiati.
In breve possiamo dire che l’economia del valore ha sostituito l’economia del volume. Il valore, il “valore aggiunto” tecnicamente è dato dalla differenza fra i benefici (materiali ed immateriali) ed i Costi-risorse necessari a generare i benefici.
Il modello del valore ha numerose ricadute, che qui non possiamo esplorare. Alcuni passaggi però della economia del valore sono chiari, evidenti ed illuminanti:
• dalla ricerca di vantaggi per sé, alla generazione di benefici per gli altri: clienti, utenti, stakeholder
• dalla ricerca di risultati nel breve, alla legittimazione solo di ciò che produce “continuità” di risultati
• dalla riduzione dei costi, all’eliminazione degli sprechi
• dalla lotta contro la concorrenza, alla sottrazione dalla concorrenza puntando a nuovi spazi, attraverso l’innovazione e la distintività
• dall’etica del non fare niente di male, all’etica che richiede di fare qualcosa di bene, e creare il “bene comune”.
Insomma, il modello del valore, cambia profondamente il modello di convenienza ed anche il modello di convivenza.
Ma il senso comune è che la realtà oggi sia un’altra, nella quale prevalgono i furbi, gli opportunisti e i disonesti. Questo è vero, non si può negare. Tuttavia abbiamo preclari esempi viziosi e virtuosi; il bene ed il male coesistono, ed il male è più visibile, mentre il bene è più nascosto.
Ognuno quindi fa le sue scelte, ma si impone una raccomandazione:
• se sei, per natura ed attitudine, arrogante e prepotente, senza scrupoli e rimorsi, la via del male è per te. Ma per questa via devi essere un “poco di buono” molto bravo, professionale ed eccellente
• se invece sei, per natura ed attitudine, una persona “per bene”, rispettosa, disponibile, etica, allora non puoi avere dubbi ed incertezze: la via del modello del valore ti conviene. Ma anche in questo caso devi diventare molto più bravo.
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