Management workaholic di fronte alla crisi

La cultura del management ha potuto radicarsi d espandersi in coincidenza con il vuoto di senso aperto dalla crisi delle istituzioni: famiglia, Chiesa, Stato, partiti. Lo dice M. Marzano, filosofa, in un suo saggio del 2009 uscito in piena crisi subprime, "Estensione del dominio della manipolazione. Dall'azienda alla vita privata".

Una certa cultura del management ha colmato bisogni di appartenenza, di valori ed identità, rimasti vacanti. E lo ha fatto e continua a farlo anche con i metodi del coaching e le tecniche psicologiche, motivazionali, di comando, controllo, autocontrollo. Tutte impiegate per l'ottenimento dei migliori risultati aziendali, ma fatti passare per finalità esistenziali : il successo della Company diventa anche la tua riuscita di essere umano.

Nel lavoro trovi la tua vera personalità, esprimi le tue potenzialità espressive. Nel coaching il sapere della psicologia è mobilitato per incorporare l'individuo nell'impresa, non come forza lavoro standardizzata ed obbediente, ma appropriandosene integralmente, nella sua variegata complessità di soggetto creativo, inventivo, desiderante. Mettendolo totalmente al lavoro. E anzi guadagnandosi la sua adesione affettiva grazie a parole d'ordine come ideazione, capacità di confronto, spirito di squadra. Alla fine l'alienazione lavorativa non va subita : deve essere amata. Ne viene fuori una specie di filosofia new age su scala aziendale. Dove il corpo mistico non è più quello di Cristo o del Sovrano, ma l'Impresa. L'ideologia del coaching riposa su un volontarismo assoluto e vincolante. Quello secondo cui tutto si può, basta volerlo. Ma se fallisci, la colpa è solo tua. Ti istiga al rischio, alla spregiudicatezza, cancella i tuoi limiti di essere umano ma poi ti ci inchioda.

Un'altra delle espressioni significative per afferrare il funzionamento della neoideologia manageriale è "Risorse Umane". Ma nel passaggio dall'asetticità del termine "Personale" al calore specioso della formula "Risorse Umane" ci si dota di una sembianza di umanità : ma in ciò non c'è una conraddizione interna nell'espressione Risorse Umane che cerca di dare un volto umano tramite un aggettivo a ciò che, per definizione, è una risorsa produttiva oggetto di sfruttamento?

L'impressione è che la crisi non abbia scalfito nei manager questa mentalità. Non si rimettono in discussione. Restano autoreferenziali. Quasi autistici. Quasi sigillati nella convinzione che l'universo-impresa rimanga culturalmente autarchico, autosufficiente sul piano etico. Che possa trovare dentro di sè gli strumenti per moralizzarsi. Pensando a strategie per rimotivarsi.

La retorica del management è quindi persuasiva come una sofistica perchè irretisce con la sua mancanza di logica, perchè dice tutto ed il suo contrario, predica creatività ed autodisciplina, impegno e flessibilità, performance e realizzazione personale, autonomia e conformismo.

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