La politica dell’innovazione dovrebbe essere sinonimo di politica industriale

La ricetta dell’economista F. Onida in un suo contributo del 25 gennaio su Sole 24Ore :
Primo. Va riconquistato il ruolo assolutamente centrale dell’innovazione tecnologica (e organizzativa!) come motore di riconversione continua dell’intero tessuto di industria e servizi, necessario per rilanciare la produttività e generare nuovi posti lavoro a medio e alto valore aggiunto nella competizione globale. Per usare le parole del CEO della Dow Chemical “occorre riprogettare il manifatturiero del futuro”.....

Secondo. Una quota crescente degli incentivi industriali va indirizzata verso imprese che accettano di aggregarsi (grandi, medie, piccole) incoraggiando “economie di agglomerazione”, puntando a costruire “ecosistemi innovativi”. Occorre incentivare le imprese a coltivare quelle ben note filiere innovative (bio, nano, digitali) che attraversano e rivitalizzano pressoché tutti i settori manifatturieri e dei servizi ad alta intensità di conoscenza.

Oggi purtroppo in Italia la stessa erogazione dei non pochi fondi europei finisce con il disperdersi in progetti troppo spesso privi di massa critica e quindi impossibilitati a sfondare le barriere d’entrata sul mercato. Mai come oggi lo Stato e le Regioni sono chiamati non certo a sostituire il mercato (modello IRI-EFIM), ma ad operare come catalizzatori-partners del mercato (verso un “targeted microeconomic activism” dello Stato), rinunciando a quella ingenua ideologia secondo cui lo Stato deve unicamente limitarsi a fornire condizioni ambientali favorevoli al dinamismo spontaneo delle imprese.

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