Quanta Intelligenza Artificiale c'è?

Negli ultimissimi tempi non c’è azienda che non dichiari di aver investito o di aver adottato soluzioni basate su strumenti di intelligenza artificiale, machine learning e blockchain. Non avremmo motivo di dubitare, ma per capire quanto queste iniziative vadano ad impattare sulla realtà dei loro business può essere utile qualche osservazione.

Prima osservazione: alcuni strumenti “battezzati” come “intelligenza artificiale” sembrano in realtà piuttosto tradizionali. In letteratura gli strumenti di machine learning vengono classificati in tre macro-classi.

La prima è il supervised learning, dove è noto l’input e l’output e si cerca di estrapolare l’algoritmo che li lega. La seconda è l’unsupervised learning, dove viene fornito l’input e il reward, ed il motore apprende come massimizzarlo. Infine, il cosiddetto reinforcing learning, dove viene fornito input e “policy” lasciando al motore il compito di estrapolare dei risultati di cui però occorrerà fidarsi, senza una completa possibilità di comprenderne la genesi.

opera prodotta da un’Intelligenza Artificiale. La tecnologia impiegata si chiama GAN, acronimo di Generative Adversarial Network, pensata nel 2014 da Ian Goodfellow. Partendo da queste conoscenze, il collettivo francese Obvious,composto da Hugo Caselles-Dupré,Pierre Fautrel e Gauthier Vernier, ha creato l’algoritmo “autore” del dipintoQuest’ultima modalità è forse quella che più si avvicina all’immaginario di uno strumento di I.A. davvero rivoluzionario. Tanto per intenderci, l’esempio dell’auto a guida autonoma.
Invece, la prima (supervised), nelle sue forme più semplici, può essere anche ricondotta alla semplice regressione lineare ben presente a chi ha studiato statistica. L'unsupervised learning riporta a forme più complesse che utilizzano per esempio le reti neurali, il cui studio è stato sviluppato diversi decenni fa. Cercate sul web, a tal proposito, un video molto interessante su come un motore di machine learning ha imparato a giocare i vecchi giochi Atari. Quindi, dal punto di vista degli strumenti nulla di veramente inedito, ma sicuramente la possibilità di gestire database di dimensioni prima inimmaginabili.

La seconda osservazione ci riporta, invece, a riflettere dal punto di vista delle implicazioni organizzative connesse alla adozione di tali innovazioni all’interno dei processi di business.

Spesso le imprese si trovano ad affrontare tali innovazioni attratte dalle promesse di drammatici incrementi di performance, ma poi nel concreto dimostrano di non saper bene da dove cominciare.

La soluzione – in questi casi - è quella di porsi la domanda giusta: non più “dove posso applicare l’intelligenza artificiale?”, bensì “quale performance dei miei processi non mi soddisfa? Per migliorarla può essere applicata l’intelligenza artificiale?”.

Quindi, diviene inevitabile partire dalla ormai consueta “analisi dei processi”, per addivenire ad una ri-progettazione congiunta di tecnologie ed organizzazione, per ottenere una riconfigurazione delle relative performance tecniche, economiche e sociali.

In conclusione, forse ciò che le aziende dichiarano non è poi tutto così “innovativo”, ma forse per molte di esse la decisione di adottare queste tecnologie può essere l’occasione giusta per fare ciò che negli anni è stato sempre prospettato e mai realizzato, spesso per mancanza di determinazione e consapevolezza, ma soprattutto per incapacità nel governare efficacemente il trasferimento delle tecnologie innovative all’interno di processi di natura organizzativa.

Tags: servizi, processi e digital transformation

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