Le sfide poste dallo smart working: le lezioni apprese da un caso di studio

Un nostro studio longitudinale condotto in una azienda multinazionale - pubblicato su prospettiveinOrganizzazione - ha consentito di esplorare le sfide, consapevoli o inconsapevoli, che le organizzazioni devono affrontare quando adottano nuove pratiche lavorative fondate sullo smart working.

CarFleet è il nome fittizio di una società internazionale di gestione e noleggio flotte operante in tutto il mondo. In seguito al trasferimento della sede centrale in un nuovo edificio nel 2017, il management ha deciso di ridefinire integralmente il layout dei propri spazi di lavoro, sia interni che esterni, e di estendere l'adozione di nuove modalità di lavoro basate sul cosiddetto “lavoro agile” (ex legge 81/2017 art. 18). Una scelta dettata – così come per tante altre aziende - dalla opportunità di razionalizzare e ridurre i costi logistici a fronte di una maggior quota di lavoro in mobilità del personale, ed una minore esigenza di disporre di postazioni di lavoro dedicate.

L’Area HR di CarFleet si è fatta promotrice di una policy destinata a riconoscere il cosiddetto “lavoro agile” con protocolli di intesa che hanno consentito a quote crescenti di dipendenti di scegliere, in accordo con il management, di lavorare per alcuni giorni a settimana fuori dalla propria sede di lavoro.

Come è avvenuto in altri contesti, l’iniziativa dell’HR non è stata accompagnata da una esplicita vision strategica e da una diffusa consapevolezza del management aziendale. Per tale motivo merita una riflessione quanto il “lavoro agile” si sia affermato in molte imprese più come strumento utile per le politiche del personale, al fine di garantire una migliore conciliazione fra tempi di lavoro e tempi di vita, piuttosto che come leva strategica per una convergenza tra le strategie di business e l’evoluzione delle forme di organizzazione del lavoro per contribuire ad un innalzamento delle performance del sistema.

Il percorso intrapreso da CarFleet è stato successivamente alterato da variabili connesse alla crisi pandemica, le quali hanno modificato sostanzialmente le motivazioni per l'adozione del lavoro a distanza, forzando il passaggio verso una totale remotizzazione del lavoro. Le fasi principali attraverso le quali l'organizzazione ha adottatto le nuove modalità di lavoro, ri-orientandole di volta in volta sulla base delle condizioni di contesto, sono così identificabili:

  1. maggio 2017 - marzo 2020 – riorganizzazione degli spazi di lavoro e adozione graduale del lavoro agile come da indicazioni dell’art. 18, Legge 22.05.2017 n. 81
  2. marzo-novembre 2020 - totale remotizzazione del lavoro a causa delle misure per contrastare il contagio (DCPM 01.03.2020)
  3. novembre 2020 - aprile 2022 - parziale remotizzazione del lavoro per motivi di tutela sanitaria (DCPM 03.11.2020)
  4. aprile 2022 - revisione delle policy aziendali per adattare il “lavoro agile” alle nuove condizioni lavorative post-pandemiche
  5. new normal - riformulazione delle policy relative alle nuove pratiche di lavoro affinchè siano governate nell’ambito del cambiamento organizzativo destinato ad assecondare le strategie di e-business.

Mentre le prime tre fasi descrivono ciò che è già stato implementato, le fasi 4 e 5 si riferiscono agli obiettivi attuali sui quali l’azienda si sta muovendo. Dopo lo shock organizzativo derivante dalla crisi pandemica, l’azienda si trova di fronte alla esigenza di consolidare le migliori esperienze realizzate durante la fase di adozione forzata del lavoro a distanza. Essa è consapevole che tali esperienze sono preziose se ricondotte ad un processo di cambiamento organizzativo governato.

LTab modello osservazione’obiettivo, prima di tutto, è una sostanziale evoluzione del modello di funzionamento organizzativo entro cui le nuove pratiche lavorative possano avere una più ampia applicazione ed una migliore finalizzazione per il conseguimento di risultati significativi e tangibili in termini di innalzamento della produttività del sistema e di efficacia strategica.
Ciò presuppone una riformulazione strategica a supporto di una policy di cambiamento organizzativo guidata dal digital working, ed una revisione delle finalità e dei requisiti posti alla base degli accordi individuali per il riconoscimento del lavoro agile, al fine di rendere compatibile il benessere degli individui con i vantaggi che ne dovranno derivare per le performance aziendali. È plausibile che nel new normal questo equilibrio porti a configurare soluzioni diffuse di blended smart working.

CarFleet ha fornito le condizioni ideali per analizzare l'adozione di tali modalità in un'azienda che aveva solo timidamente iniziato a confrontarsi con i nuovi paradigmi organizzativi. Le interviste, le survey e le osservazioni condotte in questa travagliata fase di transizione, offrono evidenze significative per valutare come è andato il percorso di cambiamento, i punti di forza e di debolezza, i problemi di partenza e le variabili in gioco nel rapporto tecnologia/organizzazione/comportamenti agiti, cosa valorizzare e cosa abbandonare delle pratiche lavorative introdotte nella fase di emergenza, quanto sono evolute le modalità di coordinamento e controllo, di cooperazione e team working, come è stato monitorato il cambiamento organizzativo, con quali KPI, come si sono modificate le performance dell’organizzazione.

Metodologia di conduzione della ricerca. Si è partiti con 20 interviste a supervisor e collaboratori, tramite questionario semi-strutturato. Il campione è stato individuato in riferimento a quattro cluster rappresentativi dei profili di ruolo diversamente coinvolti nella fruizione del lavoro agile. Le interviste hanno consentito di identificare la situazione “ongoing” (no diffusive smart working) derivante dalla progressiva diffusione dei protocolli individuali per il cosiddetto “lavoro agile”, ma anche di cogliere - nella prima fase della crisi pandemica - l’impatto derivante dalla remotizzazione totale del lavoro.

L’analisi si è focalizzata sulle dimensioni organizzative maggiormente coinvolte nel “lavoro agile” ed il ruolo svolto da persone, organizzazione, tecnologie. In particolare, le dimensioni oggetto di analisi sono state:

  • modalità di coordinamento e controllo adottati dal low/middle management, e livelli di autonomia e responsabilizzazione dei collaboratori
  • criteri normalmente adottati per apprezzare il contributo lavorativo individuale in termini di produttività, efficienza ed efficacia
  • modalità di collaborazione e cooperazione e diffusione del team working

I risultati sono stati successivamente utilizzati per focalizzare alcune aree di indagine sulle quali coinvolgere un campione rappresentativo di sette dirigenti responsabili di Area che avevano vissuto in prima persona i due anni seguenti alla riorganizzazione degli spazi di lavoro e di adozione graduale del lavoro agile. In questo caso è stata realizzata una indagine qualitativa, attraverso 14 domande a risposta aperta e chiusa, per cogliere gli elementi di convergenza/divergenza nel management riguardo uno scenario evolutivo basato sul digital working in cui il cosiddetto «lavoro agile» stava agendo da meccanismo abilitante, e rilevare quanto fosse alto l’orientamento verso possibili sinergie tra le strategie aziendali di e-business e le policy destinate a stimolare lo smart working.

Da tale indagine è emerso un buon livello di consapevolezza e di convergenza di opinioni sulle questioni poste dall’evoluzione di pratiche lavorative fondate sul digital working, e dalle strategie di business sui canali digitali.

Nuove pratiche di lavoro: dal lavoro agile allo smart working. Nell’applicazione del “lavoro agile” non tutti i dipendenti dell’azienda hanno goduto della stessa flessibilità nell'uso del tempo e dello spazio. Le evidenze emerse dall’analisi dei risultati mostrano che non a tutti è stata concessa una maggiore autonomia, e che i divari erano da correlare alle attese da parte del management rispetto al ruolo assegnato ad ognuno di essi all'interno dell'organizzazione.

A questo proposito, i ruoli che potevano lavorare più facilmente in mobilità e da remoto tendevano a essere quelli più orientati al raggiungimento di risultati prevalentemente di efficacia operativa e non solo quantitativi. Si fa riferimento a ruoli impegnati in attività che prevedono parziale o totale mobilità dentro o fuori dei confini aziendali, come ad esempio: professionisti, ovvero lavoratori della conoscenza, venditori, ma anche dirigenti e manager. Le loro performance lavorative sono state misurate in base al livello di efficacia nell’implementare le policy aziendali o nel conseguimento di adeguati livelli di servizio.

Diverso l’atteggiamento del middle management nei confronti di coloro che ricoprono ruoli il cui lavoro presuppone l’attesa di risultati misurabili, dove è più evidente una relazione sforzo/risultato dalla quale dipendono gli obiettivi di performance dell’unità organizzativa. Ci si riferisce a collaboratori impegnati in attività significativamente procedimentalizzate e/o routinarie, come ad esempio addetti al customer service, la famiglia degli amministrativi, etc.

Ciò è stato generalmente argomentato, nelle risposte fornite da supervisor e manager, in termini di trust, ovvero la difficoltà a riconoscere a tutti indistintamente quella fiducia necessaria per determinare un allargamento dell’autonomia individuale; ma dietro ad un problema di trust, emergeva una oggettivo disagio che ne sarebbe derivato al supervisor nel dover coordinare a distanza questi team. L’azienda aveva fatto, quindi, una scelta selettiva, nonostante il benessere lavorativo sia il risultato di una flessibilità lavorativa che dovrebbe essere goduta da tutti.

Il passaggio ad una condizione lavorativa in cui la remotizzazione è stata una necessità forzata dagli eventi, ha messo supervisor e collaboratori di fronte alla necessità di adattare le proprie modalità operative. Le evidenze emerse dall’analisi dei risultati ha dimostrato che ciò è avvenuto in modo difforme in funzione delle predisposizioni individuali, degli stili di leadership, delle competenze nell’uso degli strumenti e delle funzionalità digitali disponibili.

Tab coordinamentoNuove pratiche di lavoro: come evolvono le modalità di coordinamento e controllo. La remotizzazione del lavoro modifica sostanzialmente le modalità di coordinamento e controllo praticate dal management. Le evidenze emerse in letteratura confermano che il remote management rappresenta una della più ardue sfide culturali.

Per alcuni dipendenti è venuta a mancare la supervisione diretta esercitata su di loro rispetto a quando erano fisicamente presenti in ufficio e, pertanto, hanno avvertito una maggiore necessità di auto-impegnarsi e autoregolarsi all'interno del team. Nonostante la relazione capo-collaboratore assumesse connotazioni diverse da quelle a cui i dipendenti erano abituati, i risultati hanno mostrato che alla fine la mancanza di supervisione diretta ha indotto le persone a lavorare in modo più indipendente, assecondando un processo di auto-apprendimento verso una maggiore responsabilità. Sono emersi atteggiamenti diffusi tesi a mettere in mostra - agli occhi dei propri colleghi e del capo - il proprio lavoro per renderlo più trasparente e apprezzabile ai fini della valutazione della performance individuale. Mentre questo è apparso evidente per alcuni team, sono state evidenziate anche reazioni opposte che hanno stigmatizzato come il controllo, a volte, veniva vissuto come eccessivo, percependo una mancanza di fiducia da parte dei propri supervisor.

È evidente che i vecchi stereotipi riguardanti la necessità di una relazione in presenza sul posto lavoro sono ancora molto presenti, nei manager, nei supervisor come nei collaboratori. In merito a tali questioni, il middle management ha affermato che il lavoro a distanza li ha indotti ad essere più attenti al controllo, il che si è tradotto in un maggior numero di telefonate, video call o e-mail, perché tali modalità sono l'unico modo con cui ritengono di potersi assicurare la supervisione dei propri collaboratori. Nonostante comprendano le preoccupazioni provenienti dai loro team per l'eccessivo controllo, in quanto a volte questo eccesso di riunioni e chiamate online è stato percepito come una mancanza di fiducia.

Gli esiti della ricerca confermano l’esigenza in tali contesti di una considerevole evoluzione dalla cultura manageriale: dalla supervisione diretta, dal controllo di conformità, dove la relazione visiva con le persone e con l’output del lavoro è cruciale per assicurarsi la prestazione organizzativa, verso comportamenti gestionali che rendono naturale poter "gestire senza vedere". Questo approccio può essere raggiunto dando priorità agli obiettivi dei task come riferimento nella relazione capo-collaboratore, perchè essi consentono ai dati di rendere evidente il risultato del lavoro svolto. La datafication è un fattore cruciale che può consentire ai manager di osservare le prestazioni e le attività dei dipendenti senza dover esercitare inutili pressioni su di loro.

Tab contributo lavorativoNuove pratiche di lavoro: come evolve il concetto di performance individuale. In linea con la precedente preoccupazione relativa all'eccessiva supervisione, un altro aspetto emergente della nuova modalità di lavoro è stato che i dipendenti hanno espresso la loro preoccupazione circa i loro orari di lavoro che, invece di essere flessibili, erano divenuti più lunghi del solito a causa del fatto che sentivano la tacita pressione a lavorare più a lungo per dimostrare che stavano effettivamente svolgendo il proprio lavoro. Il timore è che ciò neghi di fatto i presupposti che sono alla base delle nuove pratiche di lavoro, e che possa giocare negativamente verso la diffusione di forme più evolute di smart working.

Alla domanda sulle cause che inducano questi comportamenti, la maggior parte ha ritenuto che fosse dovuto alla impreparazione con la quale si è passati a modalità diffuse di lavoro a distanza, e alla mancanza di una cultura organizzativa pronta a questo passo. Non essendo completamente pronti a impegnarsi nello smart working, i risultati hanno mostrato come il confine tra l'ufficio e la casa fosse confuso e che, nonostante i dipendenti fossero in grado di terminare il proprio lavoro negli orari stabiliti, ciò non avvenisse. La maggior parte dei dipendenti ha dichiarato che, oltre a rendersi disponibili su di un arco temporale più lungo, senza sfruttare la flessibilità che dovrebbe essere garantita da queste modalità di lavoro, si è ritrovata a lavorare per un numero di ore superiore a quelle contrattualizzate. In questo contesto, è mancato l'esempio dei supervisor e dei dirigenti, che adottavano gli stessi comportamenti e portavano i loro team a ritmi di lavoro estenuanti. A volte, questo è stato causato dall'aumento del numero di riunioni in remoto rispetto a quando si era fisicamente presenti in ufficio, il che sottraeva tempo alla concentrazione sui propri task.

Pertanto, dall'analisi è risultato evidente che la mancanza di un giusto equilibrio tra tutti questi elementi è stata la causa principale di molte criticità osservate durante il periodo in esame. Nonostante le evidenze empiriche dimostrino che lo smart working contribuisca anche ad un aumento della produttività, va notato che ciò deve avvenire nelle giuste condizioni che garantiscano nel contempo anche il benessere lavorativo, e che la mancanza di un'informazione chiara sulle corrette modalità potrebbe portare a effetti indesiderati come in questo caso.

Tab collaborazioneNuove pratiche di lavoro: come evolvono le modalità di collaborazione, cooperazione e team working. Un'altra “area grigia” sulla quale le evidenze emerse dalla ricerca hanno fornito elementi interessanti di riflessione, è quella della cooperazione e del team working. Le risorse che operano in modalità di lavoro a distanza sembrano aver risentito in modo significativo del disagio derivante dalla perdita del lavoro di squadra una volta venuta meno la possibilità di condividere uno spazio fisico. Ciò è stato evidenziato dal fatto che le interazioni tra le persone hanno sofferto di un evidente disagio derivante dalla distanza fisica. Rarefacendosi le relazioni informali derivanti dalla condivisione dello stesso spazio fisico, è emersa la percezione di isolamento, ed alcuni dirigenti hanno evidenziato come diminuendo le opportunità di scambio di esperienze, e diminuita anche la spinta verso il miglioramento e l’innovazione dei processi operativi. Quasi per paradosso, per sopperire alla relazione in presenza, si sono intensificati gli scambi sincronici e asincronici online per soddisfare il bisogno di sentirsi allineati su compiti e obiettivi, e di rendere palese il proprio contributo a colleghi e supervisor.

Tuttavia, nonostante l'organizzazione abbia investito in tecnologie e infrastrutture tecnologiche in grado di favorire lo smart working, la maggior parte della collaborazione a distanza è stata realizzata attraverso gli stessi canali utilizzati quando si è presenti fisicamente nello stesso spazio di lavoro (chiamate video/vocali, via e-mail) con uno scarso sfruttamento delle altre opzioni offerte dalle tecnologie digitali, come si è riscontrato in tutti i ruoli professionali osservati. In taluni casi, la ricerca ha evidenziato che alcune delle limitazioni all'uso della tecnologia siano legate alle preoccupazioni del management relative alla privacy dei dati.

La remotizzazione derivante dalla crisi pandemica, tuttavia, ha contribuito notevolmente a forzare i comportamenti lavorativi delle persone, inducendoli a sfruttare più velocemente il portato delle tecnologie digitali che l’azienda metteva a loro disposizione. Una buona parte dei gap in termini di competenze digitali del personale sono stati recuperati attraverso il training quotidiano. La rapida diffusione dell’uso degli ambienti di e-collaboration, ha aiutato a gestire la comunicazione in modo fluido, come un workflow, tracciarla e tenerne memoria, utilizzando più diffusamente la comunicazione asincrona in ambienti integrati, cogliendo l’utilità di funzionalità via via sempre più ricche.

Considerazioni conclusive. Sono stati raccolti riscontri dalla fase di adozione del lavoro agile, sino all’acquisizione di una maggiore consapevolezza sul portato dello smart working, e si è potuto osservare come questa rappresentazione si sia modificata per effetto dello shock pandemico.

È stata trovata conferma su quanto gli studi più recenti evidenziano riguardo l'importanza degli stili di leadership e del coordinamento nel lavoro a distanza (Dolce, Vayre, Molino, e Ghislieri, 2020). Si è dimostrato che la performance lavorativa e la soddisfazione lavorativa vanno di pari passo (Gajendran e Harrison, 2007) e hanno un effetto importante l'una sull'altra. Lo studio estende questa nozione dimostrando, attraverso un caso concreto, come gli incrementi di produttività non siano immediatamente correlabili alla modalità di lavoro, bensì al fatto che ai dipendenti venga assicurato un contesto lavorativo in cui flessibilità, strumenti, e spazi siano appropriati alle nuove modalità di lavoro. In caso contrario, le nuove modalità di lavoro possono produrre effetti controproducenti e aumentare le tensioni.

Altre evidenze emerse dallo studio integrano analisi simili per quanto riguarda il fatto che una malintesa concezione del lavoro a distanza, produce un allungamento dei tempi dedicati al lavoro, confondono i confini tra lavoro e vita privata (Song e Gao, 2020).

La prassi seguita nel caso di studio presentato, come in molte altre esperienze realizzate da aziende avviatesi negli scorsi anni sullo stesso percorso, è stata quella di seguire una strategia di disseminazione graduale, definendo a priori il perimetro entro il quale agire le opportune leve organizzative, limitando inizialmente il target di diffusione ad alcune aree organizzative e famiglie professionali. Questo approccio consente di poter consolidare risultati positivi nelle aree di sperimentazione, per determinare una benefica contaminazione e fertilizzazione progressiva nelle altre aree aziendali. Sarebbe opportuno che la progressione nello scale-up venisse gestito per aggiustamenti successivi, sulla base di rolling plan e monitoraggio stretto delle milestone e dei KPI.

Riferimenti

Nunziata E., Spahiu E., Kazemargi N., Spagnoletti P., (2022), "La riconfigurazione del lavoro in ufficio prima, durante e dopo lo shock pandemico: evidenze da uno studio longitudinale", prospettiveinOrganizzazione, special issue n.19

Tags: digital working, cooperative working, team, change management, Eugenio Nunziata

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