Le sfide poste dallo smart working: tensioni e paradossi nella riconfigurazione del lavoro

Le evidenze emerse dalla nostra ricerca pubblicata su prospettiveinOrganizzazione, confermano come smartworking e pratiche lavorative ibride stiano prendendo sempre più forma alla ricerca di un nuovo equilibrio nel new nomal, facendo emergere tensioni e paradossi sia sul piano dei comportamenti individuali che organizzativi, e molti nodi ancora da sciogliere:

  • cosa valorizzare e cosa abbandonare delle pratiche lavorative introdotte nella fase di emergenza: come recuperare le distorsioni su alcune variabili soft ritenute cruciali per i processi di produzione del valore (identità, valori, appartenenza, creatività, sense making, equilibrio psicologico-emotivo, etc.)
  • quanto nel percorso verso il new normal si senta il bisogno di adottare soluzioni blended per superare le contrapposizioni dicotomiche tra lavoro in presenza vs in remoto: come differenziare le policy applicative in relazione alla natura dei processi e delle relative famiglie professionali coinvolte (tecnici, professional, piuttosto che amministrativi), ed in relazione alle dinamiche sociali necessarie per attivare proattività, engagement, innovazione, creatività
  • come ridare senso e valore alla presenza in ufficio: riconfigurare le funzioni d’uso degli spazi riprogettandoli come servizi (User Centered Design e Activity-based workspace).

Le evidenze emerse dagli studi recenti. Spesso si utilizza una terminologia non sempre univoca e coerente nel fornire la corretta visione del livello di maturità conseguito nel percorso verso la new way of working.

Durante l'emergenza pandemica, per “lavoro a distanza” si è inteso riferirsi principalmente al lavoro da casa (Ghislieri, Molino, Dolce, Sanseverino, e Presutti, 2021). Nel lavoro a distanza come nel “lavoro agile”, l'attenzione rimane ancora focalizzata sull'efficienza e sulla produttività, facendo riferimento a modalità di organizzazione del lavoro, a strutture e a modalità di coordinamento e controllo di tipo tradizionale: il lavoro è individualizzato e focalizzato su compiti strutturati, la supervisione è focalizzata sulla misurazione delle prestazioni individuali (Porter e Van Den Hooff, 2020).

Il termine smart working, invece, ha recentemente ricevuto attenzione - sia tra gli accademici che tra i professionisti - per indicare "un sistema di lavoro flessibile" (Lee, 2016). Le nostre evidenze empiriche ci consentono di affermare che lo smart working sfrutta e combina le nuove tecnologie per rendere le attività lavorative meno legate agli spazi dell’ufficio, o alla presenza fisica alla propria scrivania, anche in situazioni in cui non si dispone di una postazione o di personal computer assegnato, all’esterno della sede di lavoro, così come in sede, p.e. durante una riunione di lavoro. Nel contempo rende disponibili funzionalità digitali per comunicare, lavorare, collaborare, coordinare e controllare, offrendo l’opportunità di essere più efficaci e produttivi nel proprio lavoro, grazie all’immediatezza d’accesso e condivisione di informazioni, documenti e conoscenze necessarie per lo svolgimento delle proprie attività, e per un più efficace utilizzo del proprio tempo.

Tab enabling mechanismDery et al. (2017) si spingono oltre e coniano il termine "ambienti di lavoro digitali", per indicare la nuova configurazione che assume la “postazione di lavoro” al fine di supportare i dipendenti nell'affrontare la sempre più frequente incertezza nella gestione di attività e responsabilità connesse all’esercizio dei ruoli loro assegnati. Hanno sottolineato come “l’ambiente di lavoro digitale” dovrebbe adattarsi alle esigenze che il contesto pone alle esperienze lavorative del dipendente, il che richiede una riorganizzazione dei processi lavorativi, della cultura, dello spazio di lavoro e delle infrastrutture IT (Dery et al., 2017).

Le odierne organizzazioni sentono l’esigenza di concentrarsi non tanto sull'efficienza quanto sull'innovazione: occorre disegnare contesti lavorativi che consentano alle persone di generare e scambiare idee, collaborare, sperimentare e prototipare. L'adozione delle nuove pratiche di lavoro produce un cambiamento che va ben oltre le strutture organizzative e gestionali tradizionali. Esse hanno implicazioni sul modello di funzionamento organizzativo, sul coordinamento, sul controllo, sui sistemi di ricompensa (Baptista et al., 2020). Con l’affermarsi delle nuove modalità lavorative, l'attenzione si concentra sul miglioramento dell'autonomia delle persone e sulla collaborazione interna ed esterna. L'autonomia dà loro la libertà di scegliere dove, quando e come svolgere il lavoro. Ciò consente alle persone di rispondere più efficacemente ai cambiamenti del contesto aziendale e aumenta la loro flessibilità d’impiego.

Laddove ciò si è realizzato, il rapporto tra capo e collaboratore si è trasformato: dall’uso del potere gerarchico, dal comando e controllo, e da mansioni ben strutturate, si è andati verso l’affermazione di nuovi paradigmi basati sulla fiducia reciproca, su delega e riconoscimento di maggiore autonomia, e sulla flessibilità (De Kok, 2016). Non a caso, alcuni studi recenti riconoscono l’esigenza di modificare lo stile di leadership per renderlo più adeguato al coordinamento di collaboratori che lavorano in remoto e garantire il loro benessere lavorativo (Dolce, Vayre, Molino, e Ghislieri, 2020).

Mentre la configurazione tradizionale degli ambienti di lavoro limita la flessibilità e la collaborazione tra team, la riprogettazione dei luoghi di lavoro mira a migliorare non solo il benessere dei lavoratori, ma anche la collaborazione e la comunicazione intra-organizzativa. Molte organizzazioni hanno riprogettato i loro spazi per assecondare le diverse esigenze durante la giornata lavorativa: salette per riunirsi in piccoli gruppi, war room per sessioni di brainstorming, aree per momenti di relax o per la socializzazione, sistemi di prenotazione della postazione di lavoro o della sala riunione. Alcuni si spingono addirittura oltre, progettando centri per i clienti all'interno del luogo di lavoro, dove i lavoratori interagiscono da vicino con i clienti durante il processo di innovazione (Spagnoletti et al., 2021).

Le tecnologie digitali svolgono un ruolo fondamentale nel rendere possibili i nuovi modi di lavorare. L'uso dei dispositivi mobili elimina i vincoli temporali e spaziali: i lavoratori possono essere connessi al luogo di lavoro ovunque e in qualsiasi momento (Dery e MacCormick, 2012). Con l'evoluzione della tecnologia, Attaran et al. (2019) spiegano che le organizzazioni riprogettano il luogo di lavoro incorporando nuove tecnologie digitali per supportare l'individuo nello svolgimento del proprio lavoro (e.g., self-service, sistemi di raccolta e analisi dei dati), per facilitare la collaborazione virtuale e la comunicazione a livello di team (e.g., strumenti collaborativi, gestione dei progetti e video call), per supportare la condivisione delle conoscenze e il processo decisionale (e.g., social-media aziendali, piattaforme, sistemi di supporto alle decisioni). Inoltre, le tecnologie digitali stanno cambiando in modo significativo il modo in cui le organizzazioni coordinano e controllano. Ad esempio, le piattaforme e gli algoritmi digitali consentono alle organizzazioni di coordinare le risorse umane anche al di fuori dei confini organizzativi (Möhlmann, Zalmanson, Henfridsson, e Gregory, 2021). Mentre altre tecnologie si avvalgono di capacità di intelligenza artificiale o di automazione robotica dei processi per offrire sistemi avanzati che amplificano le capacità professionali (Baptista et al., 2020).

Le sfide poste dalle new work practices. La letteratura rivela molteplici sfide legate al nuovo modo di lavorare, soprattutto a livello individuale. Per i lavoratori a distanza i confini tra vita privata e tempi di lavoro sono sfumati (Song e Gao, 2020). Mentre i lavoratori a distanza sono autonomi nella gestione del proprio lavoro (e.g., orario, luogo e modalità di svolgimento), nella pratica i lavoratori a distanza si trovano ad affrontare il paradosso dell'autonomia, in cui sentono una tensione "tra la propria autonomia personale e l’impegno professionale verso gli altri" e quindi sono sempre collegati online (Mazmanian, Orlikowski, e Yates, 2013).

Mentre le nuove politiche e pratiche eliminano l'enfasi sul luogo in cui si svolge il lavoro, alcuni studi evidenziano per i lavoratori a distanza il "doppio ruolo del luogo", per cui il luogo è importante e non lo è (Kietzmann et al., 2013). Dery e Hafermalz (Dery e Hafermalz, 2016) sostengono che i lavoratori a distanza possono sentirsi ignorati o isolati e vedono la necessità di creare e mantenere un'identità virtuale.

Analogamente, Want et al. (2021) hanno identificato le sfide che collaboratori, supervisor e dirigenti hanno dovuto affrontare durante la pandemia. Per i collaboratori si è trattato di conciliare lavoro e vita privata, distrazioni e solitudine, mentre per i dirigenti la sfida è legata alla comunicazione.
Fan e Moen (2022) hanno studiato la quantità di tempo dedicato al lavoro da parte dei lavoratori a distanza in base al sesso durante la pandemia COVID-19. Scoprono che soprattutto le donne che lavorano a distanza hanno dovuto affrontare le maggiori sfide, in quanto spesso hanno dovuto lavorare più a lungo per dimostrare la loro competenza, il loro impegno, o la loro capacità di gestire con equilibrio le esigenze dettate dai tempi di vita e dai tempi di lavoro (Fan e Moen, 2021). Altri studi dimostrano che il nuovo modo di lavorare mette in maggiore difficoltà i manager piuttosto che i collaboratori (Baert, Lippens, Moens, Weytjens e Sterkens, 2020), e che il nuovo modo di lavorare per molti significa minori opportunità di sviluppo della carriera (Bolisani, Scarso, Ipsen, Kirchner, e Hansen, 2020).

Alcuni hanno evidenziato come le organizzazioni si trovano ad affrontare alcuni paradossi mentre le work practices si modificano per effetto delle tecnologie digitali. In particolare, lo sviluppo delle tecnologie rende più visibili i comportamenti delle persone (e.g., dei dipendenti) (Leonardi e Treem, 2020). Tale trasparenza dei comportamenti individuali può creare tensioni, e quindi rendere problematica la gestione del personale e il coordinamento del lavoro da parte delle organizzazioni. Per contro, Leonardi e Treem (2020) mostrano che i dipendenti che lavorano in remoto sono portati ad assecondare le attese della propria organizzazione di essere continuamente connessi, o di rendere sempre visibili e tracciabili le loro prestazioni lavorative.

Per quanto ci risulta, tuttavia, si è prestata scarsa attenzione alle sfide che le nuove pratiche di lavoro pongono al top management, per esempio sul loro valore strategico ai fini dello sviluppo del business, o su come integrarle in una logica di sviluppo del modello organizzativo, o su come governare il cambiamento culturale.

Riferimenti

Nunziata E., Spahiu E., Kazemargi N., Spagnoletti P., (2022), "La riconfigurazione del lavoro in ufficio prima, durante e dopo lo shock pandemico: evidenze da uno studio longitudinale", "La riconfigurazione del lavoro in ufficio prima, durante e dopo lo shock pandemico: evidenze da uno studio longitudinale", prospettiveinOrganizzazione, special issue n.19

Tags: digital working, cooperative working, team, change management, Eugenio Nunziata

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