La governance digitale multilivello e la nuova in-house "3-I" SpA tra INPS, INAIL, ISTAT

Nell’ambito delle politiche per la trasformazione digitale del nostro Paese si sta affermando un modello di governance digitale “multilivello” fortemente integrato, sotto la guida di AGID - Agenzia per l'Italia digitale, con l’intento di invertire una rotta che in precedenza aveva portato alla proliferazione di numerosi ecosistemi locali. In questo scenario,  sta prendendo forma  la nuova Società in-house appena costituita "3-I SpA"  tra INPS, INAIL, ISTAT.

Si porranno alcune questioni fondamentali dalle quali discenderà il successo dell’iniziativa in termini di “valore aggiunto”, sia ai fini dell’attuazione delle politiche nazionali di trasformazione digitale, sia ai fini di un armonico sviluppo della missione strategica di ognuno degli Enti partecipanti. Sarà una esperienza di esternalizzazione ed accentramento.

Fig 3i spaBisognerà tener conto che la società in-house nascerà dallo scorporo di risorse (tecnologiche, economiche, umane, infrastrutturali) da tre Enti che in questi anni hanno dimostrato una grande capacità di governo strategico della trasformazione digitale della propria organizzazione. Ciascuna di esse ha costruito nel tempo un patrimonio di strutture organizzative, infrastrutture tecnologiche, avanzati processi di governance IT, competenze professionali, capacità strategiche, che sono state reputate dagli advisor indipendenti al livello delle migliori performance dei competitor del settore privato. È evidente che lo sforzo strategico realizzato da questi Enti, lo si è potuto conseguire con il contributo di una estesa partnership con i più grandi player dei servizi e della consulenza IT. Ognuno di quegli Enti può contare su un consistente budget di spesa IT, e su un apporto di risorse esterne che spesso in termini di FTE (Full-Time Equivalent), è dimensionabile in circa 4-6 volte le risorse interne alle Direzioni IT.

Come sottolinea Bassanini “Le moderne società complesse richiedono, come è pacifico, sistemi di governance multilivello. Infatti, solo sistemi istituzionali e amministrativi “a rete” fortemente articolati, possono far fronte alla diversificazione e complessificazione delle domande sociali che ha segnato l’evoluzione delle società contemporanee. Solo una razionale divisione del lavoro, dunque dei poteri e delle responsabilità, tra le diverse istituzioni può evitare il sovraccarico delle domande al centro del sistema, assicurare aderenza alle esigenze dei cittadini, garantire un efficace controllo democratico sulla gestione dei servizi e l’impiego delle risorse. Ma, nel contempo, i sistemi di governance multilivello tendono ad appesantirsi, a moltiplicare e diversificare gli organismi decisionali e gestionali, a complicare, sovrapporre, intersecare, frammentare, duplicare competenze, responsabilità e controlli, a introdurre defatiganti procedure di concertazione, codecisione e cogestione.”

La decisione di accentrare o decentrare, internalizzare o esternalizzare - quindi - non può essere schematizzata unicamente in chiave economica, di ottimizzazione dei costi. È inevitabile che entrino in gioco anche esigenze vitali di efficacia dell’azione pubblica, le quali devono essere anch’esse soppesate. Da esigenze di maggiore accountability e responsabilizzazione nel governo della funzione svolta, a esigenze di focalizzazione nel governo delle funzioni strategiche, sino ad opportunità di non disperdere il know-how specialistico. Questi e altri motivi più che il fattore costi, possono costituire elementi determinanti il “valore” di una decisione di accentrare o decentrare, internalizzare o esternalizzare una attività, una funzione, una articolazione operativa.

Valutare i costi-benefici nello scomporre e ricomporre

Alla luce delle considerazioni precedenti, la formula in-house andrà - nel caso di specie la "3-I SpA" - adeguatamente interpretata e ibridata tra le due soluzioni estreme, al fine di elevare i vantaggi in termini di benefici e costi cessanti, minimizzando rischi e costi emergenti. Ciò anche alla luce delle numerose esperienze non sempre positive che nel corso degli anni sono state realizzate in tanti ambiti sia pubblici che privati.

Normalmente, nell’ambito delle strategie aziendali la costituzione di società in-house può rispondere ad esigenze totalmente divergenti:

  • internalizzare processi e servizi che precedentemente venivano appaltati all’esterno, al fine di ottenere vantaggi in termini di maggior controllo sui costi, efficienza, trasparenza, rottura di perversi meccanismi di lock-in con società esterne. Ciò permetterebbe di avere la governance piena sull’avanzamento del portafoglio progetti in relazione all’evolversi delle proprie priorità strategiche, con elevati livelli di adattività, flessibilità, tempestività, ottimizzando al massimo il ritorno sull’investimento (ROI).
  • esternalizzare processi e servizi precedentemente gestiti all’interno, semmai assecondando concentrazioni in poli di competenza condivisi con altre organizzazioni. Ciò al fine di avvantaggiarsene in termini di economie di scala e di esperienza, ottimizzando strutture ed infrastrutture condivise. L’esternalizzazione necessita della ricomposizione delle attività suddivise; ciò dà origine a complessi rapporti di interscambio tra imprese che sono la sostanza del decentramento stesso. Tali rapporti implicano forme di coordinamento (più o meno formali) non direttamente riconducibili al solo meccanismo di mercato.

Ma non esistono soluzioni organizzative “ottime”, semmai “appropriate” in relazione ad una attenta valutazione costi/benefici. Infatti, esternalizzare e concentrare porta con sé anche inevitabili rischi in termini di riduzione della flessibilità strategica ed operativa, perdita di identità con la cultura delle organizzazioni di provenienza che si trasformano in “clienti”, perdita della conoscenza di “contesto” necessaria per garantire elevati livelli di adattività, flessibilità, tempestività, e quindi di “valore” delle soluzioni e ritorno sull’investimento (ROI) in termini di costi/benefici per la missione istituzionale della propria organizzazione.

Per quanto attiene alla internalizzazione, fonti giurisprudenziali hanno rielaborato le caratteristiche della società in-house configurando la variante “in-house providing”, o affidamento diretto. Essa consiste nell’autoproduzione di beni, servizi e lavori da parte della pubblica amministrazione, la quale acquisisce un bene o servizio attingendo direttamente da una società formalmente privata di cui ha il controllo, senza ricorrere al mercato. Così non viene utilizzata la procedura di evidenza pubblica per l’affidamento dell’appalto ad un soggetto terzo. Si realizza, in questo modo, la cosiddetta internalizzazione, con la quale la pubblica amministrazione si serve della società in house come ente strumentale, sotto il suo controllo, anziché rivolgersi ad imprese o società private (outsourcing o contracting out, ossia esternalizzazione). Ciò presupporrebbe un investimento significativo per internalizzare con campagne di reclutamento quelle “competenze strategiche” che semmai sino a quel momento erano state acquisite tramite un esteso ricorso ad appalti di servizi esterni. Se invece in tali fattispecie si dovessero affidare quote consistenti delle operation a fornitori esterni, si determinerebbe una condizione non differente da quella di partenza, con l’aggravio di un allungamento della catena cliente-fornitore, ed una dispersione di risorse e di valore.

Nei processi di trasformazione digitale, la partnership con i fornitori esterni andrebbe assunta come asset fondamentale per favorire l’innovazione, per cui non può essere ricondotta al solo meccanismo contrattuale. Quella partnership è necessaria per attivare processi virtuosi di contaminazione ed allineamento tra la cultura IT sedimentatasi nel tempo all’interno delle Direzioni IT, e gli specialismi “digital” di cui sono portatori le risorse esterne.
La decisione di appaltare al mercato quote consistenti di attività IT non dovrebbe essere ricondotta unicamente a valutazioni economiche. Necessita che la Funzione IT sviluppi capacità organizzative che le consentano di mantenere il governo della strategia tecnologica e dell’attuazione di programmi e progetti, il controllo della delivery e la rispondenza ai bisogni del business, la tutela delle informazioni strategicamente sensibili, il mantenimento delle competenze distintive.
Questa capacità di governo diviene fondamentale – tra l’altro - per bilanciare la “forza commerciale” dei fornitori, perché è tesa a sviluppare nell’organizzazione gli opportuni presidi della relazione su contratti e progetti.

Molte Direzioni IT hanno purtroppo assecondato una condizione di dipendenza con un graduale scivolamento dalla produzione in-house, all’outsourcing di servizi sempre più sofisticati e strettamente interconnessi con le attività core dell’Azienda. Ciò ha favorito sempre più una condizione di “dipendenza” dai fornitori nell’utilizzo delle tecnologie chiave e nelle decisioni strategiche di supporto al business. Talvolta, si rendono evidenti situazioni in cui i fornitori detengono una conoscenza del contesto interno superiore a quella dello stesso committente/cliente, e sovente la utilizzano a proprio vantaggio per consolidare negli anni la propria presenza in quel contesto. Tutto ciò fa affermare che, superata una determinata soglia, il ricorso al mercato dei vendor di beni e servizi IT diviene elemento di rischio, oltre che frenante, perché l’azienda perde consapevolezza strategica e non sviluppa quelle competenze distintive che la metterebbero nella condizione di governare il processo di digitalizzazione.

Delicate equazioni algebriche, con molte incognite

A tale scopo occorrerà tener conto che, a differenza delle precedenti condizioni in cui nacquero le esperienze di altre in-house (Sogei, Consip, Società regionali, etc. ), ci si trova in uno scenario evolutivo del tutto diverso.
Siamo in una fase evolutiva in cui quegli Enti (INPS, INAIL, ISTAT) sono da tempo impegnati in un processo di trasformazione che è andato oltre la razionalizzazione e automazione dei processi, per realizzare interventi destinati ad affermare un nuovo business model”, che inevitabilmente sta ridisegnando servizi, strutture, ruoli, competenze, comportamenti lavorativi, cultura, per realizzare una “organizzazione digitale”. Stanno imparando a maneggiare le nuove “tecnologie abilitanti” (cloud, mobile, IoT, virtual, etc.), quelle che dovranno consentire di disintermediare, accorciare la distanza tra chi produce e chi utilizza, gestire e generare conoscenza, connettere operazioni nel tempo e nello spazio, supportare le decisioni.
L’esito dei processi di digital transformation in queste organizzazioni non è già scritto, ma dipenderà da quello che i manager - a tutti i livelli - sapranno fare in termini di politiche, di progettazione delle soluzioni organizzative, di accompagnamento al cambiamento culturale di quote crescenti di persone.
Di conseguenza, nel mentre nasce la 3-I SpA, occorrerà riconfigurare l’assetto di ciascuno degli Enti partecipanti, soprattutto la missione e le operation di quelle Direzioni di ciascun Ente (Strategie digitali, Organizzazione, Pianificazione, Comunicazione, Risorse umane) deputate a fungere da interfaccia tecnica con la 3-I SpA nell’ambito dei processi di governance e gestione della trasformazione digitale.
Come dire che ci si trova di fronte ad una operazione che non potrà essere risolta in termini aritmetici (sottrarre-sommare), bensì ad una equazione algebrica con molteplici variabili, alcune delle quali incognite o non immediatamente riconoscibili:

  • quali forme dovrà assumere il modello operativo sulla base del quale si realizzerà la divisione delle competenze e la cooperazione tra Funzioni esternalizzate nella Società in-house e le Funzioni interne delle Amministrazioni clienti?
  • attraverso quali modalità dovrà essere gestito nell’ambito di ciascun Progetto digitale il passaggio del testimone tra la fase dello sviluppo e quella dell’accompagnamento al change organizzativo?
  • quali sono le funzioni strategiche e le competenze “chiave” sulle quali sarà opportuno che ciascuna amministrazione azionista mantenga il governo?
  • come verrà gestita la relazione con le unità di business? dove dovranno risiedere le competenze e le conoscenze verticali sulle aree di business?
  • attraverso quali modalità gli attori in campo dovranno condividere i processi di Demand management? E come dovranno essere definiti tra di loro gli obiettivi e le performance affinché ognuno si assuma la propria responsabilità verso la soddisfazione dei cittadini e delle imprese in termini di SLA (Service Level Agreement) e KPI (Key Performance Indicators)?
  • quali dovranno essere i fattori chiave di successo per una efficace e fluida gestione delle relazioni inter-organizzative tra le Amministrazioni clienti e la Società in-house?
  • come predisporre le migliori condizioni di clima nel momento della separazione organizzativa, per mantenere una identità organizzativa e culturale unitaria tra le diverse componenti della rete?

Piuttosto di società in-house, parliamo di come costruire reti organizzative e projectification

L’esperienza degli anni trascorsi potrebbe riproporsi quindi anche nell’ambito delle politiche per la trasformazione digitale, laddove il modello di governance digitale “multilivello” non riuscisse ad operare efficacemente per inevitabili disfunzioni organizzative e bias comportamentali dei tantissimi attori coinvolti, per cui potrebbe iniziare ad “appesantirsi, a moltiplicare e diversificare gli organismi decisionali e gestionali, a complicare, sovrapporre, intersecare, frammentare, duplicare competenze, responsabilità e controlli, a introdurre defatiganti procedure di concertazione, codecisione e cogestione”.

Allora occorrerà prendere consapevolezza che i modelli che contrappongono accentramento al decentramento, internalizzazione alla esternalizzazione, non sono sufficienti per poter mettere ordine nei delicati processi inter-organizzativi che devono reggere le politiche per la trasformazione digitale. Una nuova consapevolezza organizzativa andrà costruita sull’evidenza che non ci si potrà più muovere nel distinguo delle reciproche “casacche” (noi e loro), come sempre è avvenuto per la forte identità di ciascun contesto aziendale.

Occorre promuovere ed affermare nella “cultura” di quelle persone e di quelle amministrazioni la prospettiva della “rete”, intesa come “insieme di relazioni relativamente stabili, di natura non gerarchica e interdipendente, tra una serie di attori collettivi, ovvero di organizzazioni di carattere pubblico e privato che hanno in comune interessi e/o norme rispetto ad una politica e che si impegnano in processi di scambio per perseguire tali interessi comuni riconoscendo che la cooperazione costituisce il miglior modo per realizzare i loro obiettivi” .

Il collante che tiene insieme gli sforzi dei tanti attori è dato dalla Projectification, ovvero da quel cambiamento derivante dal passaggio da una forte organizzazione funzionale, dove i “progetti” rappresentano un elemento di secondo piano, ad un’organizzazione in cui invece i "programmi" ed i “progetti” risultano essere al centro della scena e le unità funzionali diventano “contenitori di competenza”. Il progetto connette l’azione con il risultato. La cultura del risultato deve pervadere le organizzazioni e le persone, perché consente di abbattere le paratie stagne dei silos funzionali. Un cambiamento nei sistemi organizzativi e di governance che assegna il primato ai "processi interfunzionali" ed ai "progetti", all'interno di una rete di attori costituita da persone, comunità, poli di competenza, aziende, istituzioni, fornitori. La Projectification impatta su tutti gli aspetti del funzionamento di quel sistema organizzativo, che passa da verticale ad orizzontale, incide sulla governance, sulle relazioni, sulla comunicazione, sulle competenze, che vanno a focalizzarsi maggiormente sui meccanismi di governo del portafoglio progetti e di produzione del valore.

 * Il testo di questo articolo è parte del paper pubblicato sulla rivista della FondazioneAstrid con il titolo “Il governo dei processi di trasformazione digitale: lezioni dal passato e condizioni per il successo della nuova in-house 3-I SpA” in Astrid Rassegna n. 358/2022

Riferimenti

 - Bassanini F., “Semplificare per crescere - Le dimensioni e i percorsi della semplificazione istituzionale e Amministrativa”, introduzione al volume Bassanini F., Castelli L. (a cura) Semplificare l’Italia, (2008), Firenze, Passigli
- Nunziata E. (ed), Governare la trasformazione digitale. Strategia e azione per gestire il cambiamento, (2021) Luiss University Press
- Borzel A. T, Le reti di attori pubblici e privati nella regolazione europea. Stato e Mercato 54, Dicembre 1998.
- Midler C., "Projectification” of the firm: the Renault case", (1995) Scandinavian Journal of management 11.4;
- Maylor H. et al., "From projectification to programmification.", (2006) International Journal of Project Management 24.8
- Le finalità della nuova 3-I SpA sono state sinteticamente espresse in un Comunicato del 14 aprile del MLPS: “Con il Decreto Legge (vedasi Allegato) per le misure urgenti di attuazione del PNRR nasce la prima software house pubblica a servizio del welfare. La società 3-I Spa, a capitale interamente pubblico, si occuperà di attività di sviluppo, conduzione e gestione di soluzioni software e di servizi informatici in favore dell’Istituto Nazionale Previdenza Sociale (INPS), dell’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (INAIL), dell’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT), della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale, del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e delle altre pubbliche amministrazioni centrali. "L'obiettivo - sottolinea il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Andrea Orlando - è di garantire una gestione dei dati più efficiente e democratica e fornire servizi all'avanguardia per migliorare il benessere della collettività. Un passo avanti per la transizione digitale di tutta la pubblica amministrazione".

Tags: servizi, processi e digital transformation, change management, PNRR e riforma delle P.A., Eugenio Nunziata

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