La trasversalità del sapere organizzativo

I confini del concetto di "campo organizzativo" sono sempre più sfumati. Ad esso afferiscono sia filoni classici di studio e d'intervento, sia applicazioni pratiche più recenti, spesso accompagnate dalla tecnologia e non sempre sostenute da teorie robuste. Per comprendere la differenza, potremmo citare tra i filoni classici di studio e d'intervento:

gli approcci e metodi alla progettazione organizzativa (macro e micro); differenziazione e integrazione; divisione del lavoro e coordinamento dei task; livelli di accentramento e decentramento, etc.; l’equilibrio dinamico nel rapporto tra environment, strategia, struttura (dalle teorie adattive/contingenti, a quelle della socio-tecnica fino alle teorie generative della learning organization); i processi e dinamiche comportamentali/decisionali in ambito organizzativo (dall'incertezza del task, alla razionalità limitata, ai modelli "garbage can"); le strutture professionali volte a stabilire identità, riconoscibilità e possibilità di dialogo anche in presenza di assetti organizzativi dinamici.fig trasversalita

Mentre tra le applicazioni pratiche più recenti sono da includere invece i modelli della Lean production/organization i quali, basati su un mix di nuove tecnologie, nuove forme organizzative e contrattuali e nuovi stili di lavoro, promettono di realizzare un trade-on tra flessibilità, qualità e costi. Ma possiamo associare anche alcuni esperimenti riconducibili al social networking, alle open communities e alle dinamiche "virali".
Esperimenti dai quali alcuni hanno tratto il convincimento che di "organizzazione formale" si possa fare a meno e che questa vada piuttosto sostituita con un cocktail ben calibrato di cultura, ideologia, leadership, effort personale e... "burning platform" (o management by crisis). Come per i mercati, anche per le organizzazioni una "mano invisibile" (o, per essere più al passo con i tempi, un "virus sottotraccia") provvederà a creare assetti e identità, fragili e temporanei, ma comunque funzionali alla realizzazione di un obiettivo.

In questa evoluzione, il pensiero organizzativo prima ha dovuto accettare la possibilità dell'adhocrazia (che esclude qualunque velleità progettuale e la stessa possibilità di afferrarne la struttura ed esplicitare le routine); poi si è ramificato in tanti rivoli multidisciplinari, avventurandosi, peraltro sempre in forma ancillare, nei territori dell'antropologia, della biologia, della complessità e del postmodernismo; infine, ha abdicato ad ogni velleità disciplinare, dissolvendosi in quel pragmatico buon senso che chiamiamo management (con le varianti del knowledge management e del change management). E' tutto questo non è avvenuto negli ultimi sei mesi, ma in più di 30 anni!

Il "campo organizzativo" appare quindi sempre meno ascrivibile a un corpus disciplinare autonomo e a identità professionali certificate. Probabilmente, l'esistenza futura di un punto di vista organizzativo sarà legata soprattutto alla sua capacità di persuasione, pervasività e orientamento nei confronti di altre discipline storicamente e socialmente più radicate. Anziché puntare a rivendicare un proprio spazio disciplinare (ma anche il proprio isolamento?), il sapere organizzativo dovrebbe forse valorizzare la sua trasversalità: punto di contatto e d'integrazione tra le molteplici discipline che guardano, spesso con scarsa cognizione di causa, al mondo delle organizzazioni e delle imprese.

"Organizations now change their internal shape with a frequency - and sometime a rashness - that makes the head swim. Titles changes from week to week. Jobs are transformed. Responsibilities shift. Vast organizational structures are taken apart, bolted together again in new forms, then rearranged again. Departments and divisions spring up overnight only to vanish in another, and yet another, reorganization...". Questo brano potrebbe essere sottoscritto oggi da molti executive ma, a dire il vero, è tratto da un ben noto libro pubblicato da Alvin Toffler nel 1970. Questa idea di adhocrazia ha poi avuto ampia eco negli anni '80 grazie ad autori quali Mintzberg, Waterman e molti altri. La profezia di Toffler (non certo uomo di organizzazione) è dunque oggi molto attuale ma, all'epoca, era abbastanza distante dai concetti espressi dalla disciplina organizzativa.

Una conferma deriverebbe dall’esperienza che, negli ultimi anni, ci ha visto raramente assistere a progetti aziendali significativi che siano stati esplicitamente "classificati" come di tipo "organizzativo". Il sapere organizzativo, per quanto presente, è rimasto quasi sempre implicito. La tabella riportata di seguito prova a descrivere il fenomeno a partire da alcuni casi concreti:

Esempi di progetti interni

Knowledge esplicitato / Ownership

Knowledge concorrente

Presidio manageriale

Introduzione di sistemi di lean production e miglioramento della qualità negli stabilimenti

Manufacturing

Quality

HR

IR

Training

Organization

Manufacturing

Costruzione di academies finalizzate a delineare possibili percorsi di crescita professionale

Training & Development

 

Famiglia Professionale

Ripensamento dei processi di innovazione e di sviluppo prodotto

Marketing, R&D

 

R&D

Manufacturing

Logistics

Style

Purchasing

Top management

Introduzione di sistemi ERP

I.T. / C.M.

HR

Altre famiglie professionali / processi interessati

I.T. + famiglia professionale interessata

Ripensamento dei processi di distribuzione, vendita e customer care

Sales / After Sales

Network Development

I.T.

Sales / After Sales

Standard professionali delle reti di vendita

Training

Rewarding systems

Metodi

 

Network Development

Training Dept. (for the network)

Leadership Assessment & Development

Business Line

HR (supporto tecnico)

Top Management

Ristrutturazione / rilancio di Plant

Manufacturing

IR

Training

Communication

Top Management

Se da una parte in tutti questi esempi si possono ritrovare competenze organizzative diffuse, dall'altra nessuno di questi progetti ha visto l'intervento esplicito di "esperti aziendali di organizzazione" e nemmeno di società qualificabili come di "consulenza organizzativa". Tali competenze sono quindi state apportate da diversi attori e a diversi livelli.
Tutte le funzioni di business intervengono di fatto sul piano dell'organizzazione. A livello strategico le decisioni (e anche le competenze) si collocano a livello di top management. A livello tattico/operativo possono interessare manager all'interno delle funzioni/business line interessate. Il ruolo di HR/organization, quando c'è, è di tipo tecnico o di facilitazione. Una funzione importante, sul piano organizzativo, è ricoperta da Industrial Relations per tutte le scelte che hanno impatto sulla micro-organizzazione.
L'integrazione tra i diversi apporti funzionali che interagiscono sullo sviluppo organizzativo dell'impresa non è dovuta a un comune background organizzativo, quanto a una visione convergente sul business, veicolata soprattutto attraverso vision, modelli di leadership, sistemi di valutazione e la continua guida del Top Management. L'orientamento al breve fa sì che ci si concentri più sulla bontà della soluzione a un problema riscontrato "ora", e si sia molto flessibili, se necessario, nel ripensarla. L'organizzazione formale cambia faccia molto rapidamente, ciò che resta stabile è la cultura sottostante e il tipo di leadership. Tutto ciò che cristallizza prassi e comportamenti non è apprezzato. Anche l’apporto delle “metodologie” se, da strumento funzionale alla rapida soluzione di uno specifico problema, diventa prassi consolidata e rigida.
In questi casi, la coerenza nell'agire le diverse "leve" dello sviluppo organizzativo viene governata dal top management e da un numero limitato di manager di alto livello. In alcuni casi anche manager giovani e con elevata "presa in carico", sui quali si è investito.
Le competenze organizzative è evidente che devono essere espresse da una molteplicità di persone coinvolte nelle iniziative, ma per essi non si può parlare di specifici percorsi di sviluppo, quanto di esperienze costruite sul campo e di reciproca contaminazione. Ancora una volta è il risultato a premiare e valorizzare le competenze acquisite.
Di fatto oggi le competenze organizzative sono distribuite sulle funzioni di line, e si ritrovano sempre più anche in funzioni nuove (Knowledge Management, Intellectual Capital, Change management).

Alla luce di queste evidenze empiriche, ci si potrebbe chiedere se la funzione "Organizzazione" abbia ancora motivo di essere. Molto dipenderà anche dall'evoluzione delle dinamiche macroeconomiche e di quanto queste potranno influenzare il processo attuale di globalizzazione della competizione.
Oggi in quasi tutti i settori si lotta per la sopravvivenza, c'è una bassa capacità d'investimento (se non sui prodotti/servizi) e non ci si preoccupa più di tanto di patrimonializzare quanto fatto ma, piuttosto, di mantenere ampia flessibilità e capacità di risposta ai mutamenti dei mercati. Nei prossimi anni alcune dinamiche estreme di "libero mercato" potrebbero affievolirsi e potrebbe ritornare importante il metodo e il valore della replicabilità tali da giustificare appieno una Funzione di presidio delle competenze organizzative. Oggi ciò potrebbe essere vero solo per chi ha posizioni incontrastate di leadership nell'industry, ad esempio Toyota nell'automotive o Samsung nell'elettronica.
In realtà, fatte salve poche lodevoli eccezioni (spesso attribuibili più alla lungimiranza dell'imprenditore o alle circostanze), la funzione "organizzazione" nelle imprese ha svolto spesso un ruolo di retroguardia, in quanto è stata più associata alla stesura di organigrammi e alla descrizione di mansioni/posizioni, piuttosto che alla guida dei cambiamenti "sistemici".
Il fatto che di organizzazione oggi si occupino, in maniera più o meno consapevole, i business leader, potrebbe garantire un maggiore commitment e una maggiore vicinanza ai problemi reali. In qualche modo, pur perdendo un po' di specialismo si potrebbe invece guadagnare in termini di "visione integrata" e di innovazione (seppur guidata dai risultati di breve).

Tags: coaching e formazione manageriale, servizi, processi e digital transformation

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