Nella testa delle persone

Accade spesso, soprattutto nelle aziende che producono servizi - in particolare quelli ad alto contenuto di lavoro professionale - che non sia facile riconoscere le concatenazioni di attività che definiscono i processi di lavoro. Essi appaiono frammentati, non evidenti, talvolta nascosti, liberamente interpretati di volta in volta a seconda dell’esperienza o del profilo di competenza delle persone coinvolte, e delle prassi consolidatesi in ciascuna ambito dell’impresa.

Eppure, solo presidiando i processi di produzione dei servizi è possibile garantire efficacia operativa in relazione al mercato, agli impegni contrattuali, ed agli interessi aziendali.
Occorre far ri-emergere “il processo come sequenza di eventi e attività adeguatamente concepiti, concretamente realizzati ed efficacemente controllati che conducono al raggiungimento degli scopi dell'organizzazione e al soddisfacimento dei bisogni dei clienti/utenti” (F.Butera). Il “processo”, quindi, è la forma concreta attraverso cui gli output - prodotti o servizi - sono definiti, realizzati ed erogati. autore: Sergio TringaliNella cultura aziendale il “processo” è divenuto il “principio di realtà” dell’organizzazione. Una visione trasversale che restituisce “senso” ai contributi che provengono dagli apporti specialistici di persone e strutture. La visione processuale è in grado di ricomporre ciò che normalmente le strutture hanno indotto a frammentare in taluni eccessi di specializzazione. Specializzazione versus integrazione: un difficile equilibrio da conquistare.

L’esperienza diagnostica evidenzia casistiche che trovano soluzione con interventi non puramente “ingegneristici”, di mappatura dei flussi informativi e normazione, ma piuttosto di crescita della consapevolezza organizzativa, per sviluppare una migliore finalizzazione degli apporti lavorativi, integrare e combinare conoscenze, sfruttare meglio capacità e competenze delle persone coinvolte, per innalzare il valore del servizio reso, o, a parità di servizio, per ridurre sforzi e costi per la sua produzione. Il processo di produzione ed erogazione di un servizio può essere governato solo se lo si rende “visibile” ed univoco a tutti coloro che contribuiscono con il proprio lavoro. Esso deve stare nella testa delle persone, prima ancora che nelle procedure e nei flussi informativi che lo descrivono e lo rappresentano.

Questo è il motivo per cui in molti contesti si preferisce perseguire il miglioramento o la reingegnerizzazione attraverso un approccio “maieutico”, attivando gruppi di operatori di processo, seguendo percorsi pianificati negli obiettivi da conseguire, nelle fasi, nei metodi, nei tempi. Poche persone, responsabilizzate, alta conoscenza della situazione di campo, commitment esplicito da parte del vertice aziendale. Gli approcci e le metodologie di lavoro consolidatesi nella pratica sono tante, e tutte fondate su meccanismi di apprendimento collaborativo: laboratori, cantieri, team, circoli, six sigma, ricerca-intervento, coaching di gruppo. Il risultato non sarà la “procedura” ad alta specificazione, nell’accezione classica, ma un sistema di condizioni e di regole che possono prendere la forma di Linee Guida o Manuale di processo. Con un valore aggiunto di estremo rilievo: l’aver costruito una rappresentazione condivisa ed univoca del contesto organizzativo entro il quale tutti gli operatori di processo si possono riconoscere e si possono impegnare ad operare.
Lo strumento definisce tale contesto: i confini, i requisiti, i livelli di performance, il flusso e le interrelazioni, e le principali attività che possono contribuire al successo, le metodologie più appropriate, mettendo a fattor comune le buone prassi esistenti. E, se necessario, aprire verso prospettive di reingegnerizzazione, semmai valorizzando appieno il portato delle tecnologie digitali che sono sempre più – non a caso – orientate al Social & Collaboration e tese a sostenere il cooperative working.

Questo approccio viene ritenuto tanto più appropriato laddove il “servizio” si realizza in condizioni di significativa discontinuità del contesto, e/o variabilità nei requisiti da soddisfare, negli input che alimentano il processo, o nelle modalità di produzione. Un processo maggiormente indeterminato non si presta ad un’alta standardizzazione. Possiamo riconoscerli nell’ambito delle aziende di servizio che lavorano su commessa/cliente, su progetto, nell’informatica, nei servizi alla persona, nei servizi culturali, oppure in aziende finanziarie o assicurative che si sono strutturate seguendo logiche di case management. Ma dosi consistenti di variabilità sono riconoscibili anche nei processi inbound dei contact center, come nei procedimenti amministrativi più complessi delle amministrazioni pubbliche. Una variabilità che supera la soglia dell’eccezionalità – poniamo il 5%, per pura esemplificazione - diviene una caratteristica intrinseca del processo di produzione. In tali casi, il vero problema organizzativo è definire condizioni che permettano di gestire con flessibilità e con successo quel 10%-20% di flussi che rispondono a condizioni variabili e contingenti dettate dal contesto. Il resto dell’80-90% dei flussi di produzione potrà essere portato a standard, o meglio ancora sottratto al lavoro delle persone attraverso una automazione spinta e la digitalizzazione del servizio.

In qualsiasi processo di produzione di servizi, l’efficace realizzazione dei risultati attesi sarà sempre condizionato dalle capacità professionale dei singoli operatori di interpretare le situazioni di “caso” e valutare alternative di azione con logiche orientate al problem solving. Occorre far germogliare la cultura del lavoro “per processi”, l’attenzione alle aspettative del proprio cliente nella catena cliente/fornitore, la sensibilità di riconoscere o prevedere anomalie e varianze, e l’attitudine alla cooperazione tra pari, lungo il processo, per anticiparne la soluzione. Accanto alle routine delle attività di realizzazione operativa (produttive, di servizio, di elaborazione professionale) e di controllo, diviene cruciale attivare meccanismi organizzativi che facilitino integrazione e cooperazione tra le persone, come il comunicare, l'impegnarsi, il collaborare. I processi sono sempre minacciati, come dice F. Butera, sia da innumerevoli "granelli di polvere" che da drammatici cambiamenti di "set". Un processo può dirsi efficace quando sia il controllo che il coordinamento sono riportati allo “shop floor” e affidati alla capacità delle persone di individuare ed evitare tali minacce,

E’ attorno ai processi di lavoro che si possono progettare organizzazioni più efficaci, e più efficienti. Su di essi si strutturano le relazioni di lavoro, le modalità di coordinamento e di cooperazione lavorativa, si configurano i diversi ruoli, e di conseguenza gli elementi per riconoscere le competenze necessarie, per assegnare le responsabilità alle persone, e per configurare le unità organizzative.
Ricostruire i “processi” di produzione dei servizi - attraverso opportune metodologie di analisi ed appropriate forme di rappresentazione - contribuisce a fornire una visione chiara delle attività destinate a realizzare ed erogare servizi in grado di soddisfare i bisogni e le aspettative di clienti, interni ed esterni, committenti e stakeholders, secondo criteri di economicità e di efficacia.

Per realizzare un processo con successo è necessario generalmente l’apporto di una pluralità di ruoli diversi, prima ancora che di persone. Il concetto di “ruolo” va letto come esigenza di descrivere gli “spazi organizzativi” il cui presidio è opportuno affidare ad ogni singola risorsa, offrendo loro chiarezza sugli obiettivi da perseguire, e livelli di autonomia correlati alla responsabilità che gli viene delegata. Uno spazio organizzativo descrivibile in compiti ed attività a basso livello di specificazione e regolazione, che fanno riferimento a determinate condizioni operative e ambientali, a sistemi di relazioni, ed a un profilo di competenza appropriato. La definizione dei profili dei ruolo lungo il processo è dettato dalle esigenze operative del processo stesso. La esigenza di codificare i ruoli deriva dalla opportunità di uscire da una logica “interpretativa” secondo la quale il perimetro di “ruolo” è agito in modo del tutto personale, si allarga o si restringe in funzione delle caratteristiche della persona a cui di volta in volta viene assegnata una attività. Codificare ciascun ruolo significa - anche in questo caso - rendere “visibile” ed univoco, a tutti coloro che contribuiscono con il proprio lavoro, l’evidenza che quando sono chiamati a ricoprirlo, ad esso sono connessi – in modo implicito ed intuitivo, o talvolta anche esplicito - dei precisi obiettivi, una conseguente responsabilità, delle attività cruciali che sono funzionali al raggiungimento dell’obiettivo, un sistema di relazioni da governare, un profilo di competenza, esperienza, capacità, adeguato al miglior svolgimento delle attività.

Nella configurazione dei ruoli, normalmente si riconosce la esigenza di distinguere due grandi famiglie:
- Ruoli di presidio di competenze specialistiche. Essi sono chiamati a garantire un contributo specialistico, ed a svolgere sia attività operative, che - via via al crescere della complessità del ruolo - di mantenimento e innovazione del sistema tecnico-organizzativo ad essi affidato, come lo sviluppo di competenze, la manutenzione e l'adeguamento delle soluzioni, l'ottimizzazione dei metodi di produzione.
- Ruoli di coordinamento e di integrazione. Sono deputati a presidiare il controllo e la sincronizzazione di attività che si svolgono in tempi diversi, il coordinamento fra attività diverse svolte da persone diverse, la cooperazione, la verifica dell'andamento di attività collettive. Il problema principale nel coordinamento è pertanto quello della sincronizzazione degli impegni, delle azioni e del prodotto delle singole azioni in modo che la realizzazione complessiva corrisponda alle attese.

La definizione dei ruoli può prescindere dalla loro collocazione nella struttura organizzativa, e dalla assegnazione ed univocità nel rapporto ruolo/addetto. Una persona, disponendo di un profilo di competenza ricco e appropriato – ed a parità di carico di lavoro - potrà essere chiamato a coprire anche più ruoli nell’ambito del processo, oppure lo stesso ruolo contemporaneamente su più processi. Sulla base di questa traccia sarebbe possibile costruire una politica del personale capace di riconoscere la seniority delle persone, e su queste basi determinare l’assegnazione di ruoli e incarichi, le remunerazioni ed i percorsi di carriera.

Tags: servizi, processi e digital transformation, change management, Eugenio Nunziata

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